Cos’ha detto Hon Lik, l’inventore della sigaretta elettronica, nel 2024

Le sigarette elettroniche, che oggi rappresentano un accessorio comune e molto diffuso, in realtà non costituiscono una novità di oggi, così come non è vero che siano state ideate dalle multinazionali del tabacco, come spesso si crede: la nascita di questo dispositivo deriva invece dalla volontà di smettere di fumare di un farmacista cinese, che pensò di sfruttare un aerosol alternativo aromatizzato con aromi di tipo alimentare (come questi).

Un’alternativa tecnologica per evitare i danni causati dal fumo
L’idea di realizzare qualcosa che permettesse ai fumatori di tutelare la propria salute senza rinunciare completamente ad un’abitudine radicata era già nata intorno agli anni Sessanta, epoca in cui si inizia a parlare dei danni del fumo per la salute. All’epoca, però, la tecnologia è ancora piuttosto arretrata, e il progetto dell’americano Herbert Gilbert per creare un dispositivo elettronico che sostituisse le sigarette, rimane inconcluso.

È solo dopo il 2000 che il farmacista cinese Hon Lik decide di riprendere il lavoro di Gilbert e di perfezionarlo. Fumatore irriducibile e e figlio di un fumatore morto proprio per le conseguenze di questo vizio, Hon Lik, che aveva tentato diversi metodi per liberarsi dalle sigarette senza ottenere successo, sperimenta la vaporizzazione come metodo per provare una sensazione simile al fumo in assenza sia di tabacco che di combustione. Dopo avere provato diversi liquidi, sceglie il glicole propilenico, un additivo alimentare molto comune, che ancora oggi è uno degli ingredienti principali dei liquidi per sigaretta elettronica.

I primi prototipi di sigaretta elettronica erano piuttosto rudimentali, ma già dotati di batteria al litio: il dispositivo verrà poi perfezionato e implementato continuamente fino a raggiungere le performance attuali: ancora oggi è in continua evoluzione, sia sotto l’aspetto tecnologico che per quanto riguarda il design.

Qual è oggi l’opinione di Hon Lik riguardo al diffondersi delle sigarette elettroniche
Recentemente, Hon Lik ha di nuovo sostenuto l’importanza di un maggiore controllo della diffusione delle sigarette tradizionali, focalizzandosi sulla disinformazione riguardo all’uso delle e-cig come strumento per smettere di fumare. La tendenza a credere che le sigarette elettroniche possano in qualche modo iniziare i giovani al fumo è priva di fondamento e non è scientificamente provata.

Al contrario, l’inventore della sigaretta elettronica moderna afferma che questo dispositivo ha modificato completamente il mercato del tabacco e ha migliorato la vita di molte persone, compresa la propria, che faticavano ad abbandonare le sigarette tradizionali, mettendo a rischio seriamente la propria salute.

Il padre di Hon Lik è venuto a mancare per un tumore ai polmoni, la cui causa era stata attribuita al fumo eccessivo, e Hon Lik stesso, a sua volta fumatore, ha tentato diversi metodi per smettere, compresi i cerotti alla nicotina, rendendosi conto che non funzionavano.

È questa la ragione che ha convinto Hon Lik a sfruttare le proprie competenze, sia in farmacia e medicina tradizionale, sia in ingegneria, per realizzare un dispositivo che potesse erogare nicotina senza necessità di inalare i fumi del tabacco combusto.
Un prodotto che può cambiare lo stile di vita e tutelare la salute.
Orgoglioso della propria creazione, Hon Lik afferma che le sigarette elettroniche rappresentano un ottimo strumento per ridurre il disagio dell’astinenza dalle sigarette e per godere del piacere di una piccola quantità di nicotina, evitando però i danni e i rischi che le sigarette tradizionali spesso provocano. Naturalmente, si tratta di dispositivi destinati ad utenti adulti che vogliono liberarsi dalle sigarette e prevenire serie conseguenze.

Purtroppo alcuni paesi sono ancora piuttosto diffidenti nei confronti delle sigarette elettroniche e impongono a tale mercato restrizioni eccessive. Occorre considerare che, al contrario, nei paesi dove è diffuso e regolamentato lo svapo ha certamente aiutato i fumatori ad orientarsi verso una scelta più consapevole.

Diversamente, sostiene Hon Lik, sarebbe molto più utile che le istituzioni governative si concentrassero maggiormente sul controllo dell’età, evitando invece di vietare i liquidi aromatizzati o di attribuire alle sigarette elettroniche la responsabilità di iniziare al fumo chi non ha mai avuto questo vizio.

È invece da rendere noto il fatto che a provocare gravi danni alla salute sono i fumi di combustione del tabacco, mentre ancora oggi molti sono convinti che la sostanza più pericolosa sia la nicotina. Probabilmente, secondo Hon Lik, ci vorrà ancora parecchio tempo, ma si arriverà a considerare che le sigarette elettroniche, in quanto prive di combustione, non comportano le conseguenze delle sigarette tradizionali e possono costituire un’alternativa valida e gradevole per i fumatori.

Gli italiani e il digitale: paura di fake news e deepfake ma fiducia nell’AI

Roma – L’Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale – la più importante Fondazione italiana riconosciuta per la ricerca sui temi della sostenibilità digitale – presenta il “Rapporto 2024 su informazione tra AI, Fake News, Deep Fake”, che rivela non solo la portata delle preoccupazioni, ma anche le differenze significative legate al grado di alfabetizzazione digitale, alla sensibilità verso la sostenibilità e alla residenza geografica dei cittadini italiani verso questi temi.

L’indagine mette in luce un Paese sospeso tra diffidenza e speranza nell’era dell’informazione digitale, con profonde differenze tra chi vive nei piccoli centri e chi risiede nelle grandi città, così come tra chi è integrato nell’ecosistema digitale e chi rimane ai margini della rivoluzione tecnologica. Contrastare fenomeni come le fake news e i deepfake è fondamentale per salvaguardare la fiducia nei media e nelle istituzioni, in un contesto in cui la tecnologia amplifica il rischio e la diffusione della disinformazione.

“La diffusione di immagini manipolate tramite l’AI dimostra quanto sia semplice alterare la realtà per condizionare l’opinione pubblica. È ormai un fenomeno quotidiano incappare in contenuti totalmente falsi, creati ad hoc per screditare personaggi pubblici o deepfake progettati per influenzare elettori in occasione di consultazioni politiche” ha dichiarato Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. “Affrontare queste sfide richiede un approccio integrato: formare i cittadini al riconoscimento delle fake news, investire in strumenti di verifica tecnologica e definire normative chiare sull’uso di tecnologie come i deepfake. L’obiettivo non è solo mitigare i rischi, ma anche promuovere una cultura digitale basata sulla consapevolezza delle caratteristiche del sistema dei media in cui le persone sono ormai immerse” – ha concluso Epifani.

1.    Il 24% degli italiani verifica poco o per nulla le informazioni presenti in rete

 2.    Il 76% degli italiani ritiene che le fake news rappresentino una seria minaccia per la società

 3.    Il 73% del campione ritiene che i deepfake rappresentino un rischio per la democrazia

Fake News: una minaccia trasversale, ma più percepita nei grandi centri urbani

Dal Rapporto Informazione tra AI, Fake News, Deep Fake emerge che il 76% degli italiani considera le fake news una seria minaccia per la società. In risposta, il 27% degli intervistati afferma di verificare “sempre” l’attendibilità delle fonti, mentre il 49% lo fa “abbastanza spesso”. Tuttavia, resta significativo il dato di chi non presta attenzione alla verifica: quasi un italiano su quattro (24%) ammette di controllare poco o per nulla le informazioni reperite online.

Dal punto di vista geografico, emergono differenze significative tra grandi e piccoli centri:

Nei grandi centri, il 36% degli intervistati dichiara di verificare costantemente le informazioni, con una quota relativamente bassa (18%) di chi lo fa raramente o mai. Questo comportamento può essere ricondotto a una maggiore esposizione alle dinamiche digitali e alle campagne di sensibilizzazione.

Nei piccoli centri, invece, solo il 17% verifica “sempre” le fonti, mentre il 31% controlla raramente o mai, evidenziando un divario culturale e informativo tra contesti urbani e periferici.

Anche la percezione delle capacità personali di riconoscere le fake news rivela interessanti discrepanze: il 33% degli intervistati ritiene di essere poco o per nulla capace, mentre solo il 16% si sente “molto capace”.

Quando si tratta di valutare le competenze degli altri, invece, prevale il pessimismo. Nei grandi centri, infatti, la percezione di incapacità altrui raggiunge il 59%, mentre nei piccoli centri si attesta al 43%, riflettendo una maggiore fiducia relativa.

Questi dati suggeriscono un effetto di “illusione di superiorità”, dove gli intervistati giudicano le proprie capacità più favorevolmente rispetto a quelle altrui. Nei piccoli centri, questa illusione si amplifica, mentre nei grandi centri prevale un atteggiamento più realistico, dettato da una maggiore esposizione alla complessità delle dinamiche digitali.

AI, Deepfake e percezione del rischio: tra consapevolezza e vulnerabilità