Intervento urgente sulla condotta di Bresciana: sospesa l’erogazione idrica

Trapani – La nota è del comune di Trapani, fa sapere che è stata effettuata una sospensione temporanea dell’erogazione idrica per un intervento urgente sulla condotta di Bresciana. Un’assurdità nel 2024 ancora si deve fare i conti con una condotta colabrodo, obsoleta e dispendiosa. Con tutti i soldi utilizzati per rattopparla si sarebbe potuto realizzare una nuova condotta idrica.

Dopo una serie di indagini tecniche approfondite, sono state rilevate infatti due falle di significativa entità lungo la condotta di Bresciana, situate nelle aree di contrada Cosimo Damiano e contrada Roccolino. Oltre alle gravi perdite idriche registrate, i danni stanno arrecando problemi ai terreni privati attraversati dalla condotta stessa, rendendo ancora più urgente un intervento di riparazione. Per garantire la risoluzione tempestiva della situazione, si è reso necessario sospendere l’erogazione idrica sull’intero tratto servito dalla condotta.

La sospensione avrà inizio dalla giornata di domani e si prevede che possa durare per un periodo stimato di tre, massimo quattro giorni, salvo eventuali imprevisti.

L’amministrazione comunale invita i cittadini a limitare il consumo d’acqua al minimo indispensabile, adottando comportamenti responsabili per affrontare insieme questa emergenza.

I lavori saranno eseguiti con la massima urgenza e monitorati costantemente. Forniremo aggiornamenti puntuali sull’avanzamento delle operazioni e sui tempi necessari per il ripristino del servizio.

Processo “Mare Monstrum. “Niente prescrizione, la Vicari resta imputata di corruzione”

Trapani – La prescrizione per il reato di corruzione contestato all’ex senatrice ed ex sottosegretario Simona Vicari per come chiesto dalla sua difesa, avvocato Enrico Sanseverino, è davvero, come si è scritto, dietro l’angolo, scatta il prossimo 28 novembre, ma oggi c’è stato il colpo di scena, con la Procura di Trapani che ha notificato al Tribunale e alle parti, difese e parti civili, la modifica del capo di imputazione: l’ex parlamentare, oggi consulente del presidente della Regione Siciliana, adesso deve rispondere di un reato più grave, sempre corruzione ma per atto contrario ai doveri di ufficio. E per questo reato, che continua a basarsi, anche con l’odierna prospettazione fatta dai pm Sara Morri e Antonella Trainito, i termini di prescrizione non hanno scadenza prossima, ma hanno una scadenza non prima dei prossimi tre anni.

Nell’udienza fissata per giovedì prossimo sulla richiesta fatta oggi dalla Procura potrà interloquire la difesa, ma sembra oramai scontato che si vada verso la nuova contestazione. L’ex senatrice Vicari resta quindi tra gli imputati di corruzione davanti al Tribunale di Trapani, in un altro dei processi scaturiti dall’indagine dei Carabinieri denominata “Mare Monstrum” e che nel 2017 sfociò in arresti e avvisi di garanzia, per tangenti versate a politici e dirigenti regionali dagli armatori Vittorio ed Ettore Morace, titolari della compagnia di navigazione veloce Ustica Lines (poi diventata Liberty Lines), per ottenere agevolazioni e coperture politiche a tutela di loro introiti. La cosiddetta “tangentopoli del mare”. Tra gli arrestati ci furono Ettore Morace (che ha patteggiato già in due processi e per adesso è imputato a Palermo, assieme all’ex presidente della Regione Crocetta in un altro dei dibattimenti della stessa inchiesta) e l’allora deputato regionale ed ex sindaco di Trapani Girolamo Fazio (condannato a quattro anni e sei mesi, col processo di appello che deve iniziare a marzo).

Misura cautelare ci fu anche per l’ex super dirigente della Regione, Salvatrice Severino, che si occupava del ramo trasporti dell’assessorato regionale Infrastrutture e Mobilità, e per Giuseppe Montalto, allora segretario particolare dell’assessore Pistorio. Questi ultimi due, la Severino e Montalto sono imputati con la Vicari, mai colpita da misura cautelare, nel processo in corso a Trapani. L’ex senatrice Vicari, nel 2016, mentre si discuteva in Parlamento la legge Finanziaria 2017, e lei era sottosegretario (in quota Ncd, il partito del ministro Angelino Alfano) durante il Governo guidato da Paolo Gentiloni (ma già lo stesso incarico aveva avuto nei Governi Letta e Renzi), si sarebbe interessata, su pressione dell’armatore Ettore Morace, per prevedere una cospicua riduzione dell’Iva a favore del cosiddetto trasporto marittimo urbano (e quindi ciò rientrava nella sfera di attività della compagnia di navigazione dei Morace): l’iva passò dal 10 al 5 per cento. Per i Morace fu un vero successo, tanto che Ettore Morace intercettato dai Carabinieri venne ascoltato esprimersi con grande entusiasmo. All’interlocutore, il deputato napoletano Marcello Di Caterina, che da Roma gli aveva dato la notizia della norma diventata legge, disse che la cosa era paragonabile ad una super vittoria nei campionati di calcio (paragone per via del fatto che all’epoca i Morace erano i patron della squadra di calcio del Trapani) “è come se avessimo vinto la Champion League”.Favori per la Procura ricambiati con due orologi: dapprima un Bulgari per oltre 7 mila euro (in occasione del varo di un aliscafo nel quale fu chiamata a fare da madrina) e poi, in coincidenza della festività natalizia, di un Rolex dal valore di 5 mila euro. Orologi trovati e sequestrati dai Carabinieri in occasione della perquisizione dopo la notifica dell’avviso di garanzia, cosa che indusse la Vicari a dimettersi da sottosegretario.

Nell’udienza di oggi la Procura ha spiegato che la contestazione non è legata a un nuovo fatto (cosa che processualmente avrebbe fermato il dibattimento) ma semmai ad una più corretta ricostruzione dell’episodio di corruzione. Il processo quindi continua e a gennaio è previsto che venga sentito l’armatore Ettore Morace che per questo episodio di corruzione ha già patteggiato una condanna a 18 mesi, pronuncia diventata oramai definitiva e irrevocabile. A seguire alcuni testi della polizia giudiziaria. La Vicari quindi resta imputata, il processo per lei non si chiude e resta semmai aperto il conflitto insorto tra vicenda giudiziaria e incarico di staff alla Regione. A Palazzo d’Orleans, sede della presidenza, la Vicari ha un suo ufficio dal quale si occupa di energia e trasporti. Nel processo sono costituiti come parti civili proprio la presidenza della Regione e l’assessorato regionale ai Trasporti. Costituiti contro la super consulente del presidente Schifani.

Oggi unico teste è stato Giuseppe Midili, sindaco di Milazzo, ascoltato per essere stato per un periodo capo ufficio stampa della società armatrice dei Morace. Una breve testimonianza, il pm ha chiesto le ragioni dell’interruzione del rapporto di lavoro, Midili ha risposto dicendo che non è stata una cosa eccezionale, ma il contratto era per un anno. Ha detto anche di non sapere se nel frattempo la compagnia di navigazione aveva preso contatti per un nuovo capo ufficio stampa. Nel processo è imputato di traffico di influenze illecite l’ex segretario di Pistorio, Giuseppe Montalto, anche lui sarebbe stato in rapporti stretti con Morace, e agli atti è citato il suo interessamento per far incaricare dell’ufficio stampa della Ustica Lines il giornalista Piero Messina. Ma di tutto questo Midili ha detto di non saper nulla.

Vicenda carcere Pietro Cerulli: revocati i domiciliari ad un agente della penitenziaria

Trapani – Revocati i domiciliari per Claudio Di Dia, uno degli 11 agenti di polizia penitenziaria arrestati per le presunte torture al Pietro Cerulli di Trapani. Assistito dall’ avvocato Alberto Mazzeo, Di Dia nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha risposto alle domande del Gip.

Intanto proseguono gli interrogatori di garanzia, gli indagati ricordiamo sono complessivamente 46 tra quelli finiti ai domiciliari, gli agenti sospesi dal servizio ed altri ancora liberi.

L’inchiesta parla di abusi e maltrattamenti ai danni di detenuti italiani, stranieri o psichiatri fatti da agenti della polizia penitenziaria in quel momento in servizio. Il reparto dei maltrattamenti è stato inidivuato in quello “Blu” dall’agosto del 2023 chiuso dal Dap.

Processo “Sea Ghost”, la Cassazione conferma condanne

Marsala – La Cassazione ha confermato la sentenza emessa lo scorso 5 febbraio dalla II sezione della Corte d’assise d’appello di Palermo nel processo scaturito dall’operazione “Sea Ghost” (associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e tratta di esseri umani e contrabbando di sigarette estere) effettuata dalla Guardia di finanza di Marsala, annullando solo una delle cinque condanne emesse in appello, ma soltanto per la rimodulazione della pena.

In secondo grado, erano stati condannati Angelo Licciardi, pregiudicato, di Marsala, al quale era stata ridotta la condanna da 12 anni a 8 anni e 4 mesi di carcere (per lui l’annullamento della sentenza in Cassazione per il ricalcolo della pena), Sergio Carpentieri, di Erice, in appello la pena fu ridotta di cinque mesi (da 10 anni e 2 mesi a 9 anni e 9 mesi e multa ridotta da 555 mila euro a 535 mila), i tunisini Nizar Zayar, (22 anni di carcere più una multa di 550 mila euro), e Montasar Bouaicha, (10 anni e 7 mesi, con un milione e 350 mila euro di multa), e Giuseppa Randazzo, di Marsala (tre anni).

Quest’ultima, rappresentante legale di una cooperativa agricola, per l’accusa provvedeva alla stipula di fittizi contratti di lavoro dipendente per consentire ai clandestini di ottenere e rinnovare il permesso di soggiorno e percepire indebite indennità di disoccupazione agricola a danno dell’Inps. L’inchiesta delle Fiamme gialle di Marsala, coordinate dalla Dda di Palermo, accertò che mediamente ogni clandestino trasportato pagava tra i 1.500 e i 4 mila euro. A questi si aggiungeva il profitto dalle sigarette importate di contrabbando, per un guadagno di almeno 25 mila euro a viaggio. Durante l’indagine, avviata nel 2016, le Fiamme gialle hanno intercettato in mare 5 «viaggi fantasma», arrestato 6 scafisti, e sequestrato, 990 chili di sigarette di contrabbando e tre gommoni. Alcuni imputati chiamavano i migranti «agnelli» e li trasportavano dal Nord Africa alla Sicilia come merce, insieme con le sigarette di contrabbando, utilizzando gommoni veloci, in grado di viaggiare di notte anche a 30 nodi, sui quali caricavano 10-12 persone e 250-300 chili di «bionde».

Traffico di cocaina dal Sudamerica, blitz antimafia tra Genova e Palermo

Genova – Gli indagati, tutti a Marassi, sono accusati di aver operato tramite l’utilizzo della società di logistica di un imprenditore, con la complicità di un dipendente di una società di spedizioni genovese.

Dalle prime luci dell’alba a Genova è in corso una vasta operazione antimafia condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia locale, coadiuvata dai Centri Operativi DIA di Palermo, Milano e Torino.

La DIA sta eseguendo misure cautelari in carcere, emesse dal GIP del capoluogo, su richiesta della Procura-Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo, nei confronti di 6 indagati, accusati a vario titolo, per i reati di “trasferimento fraudolento di valori, aggravato dal fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose”, “associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti”, “detenzione illecita di armi” ed “estorsione”.

In corso anche il sequestro preventivo di un terreno in Palermo, nonché perquisizioni personali e domiciliari nei confronti di ulteriori indagati.

L’operazione, denominata “GIGANTE”, nasce dagli approfondimenti antimafia eseguiti dal Centro Operativo DIA di Genova nei confronti di alcune società impegnate nella logistica, dai quali è emerso il rischio di infiltrazione mafiosa attraverso alcuni esponenti del mandamento “Tommaso Natale” di Palermo, motivo per cui le società sono state colpite da interdittive antimafia, emesse dalla Prefettura della Lanterna, nell’agosto e nel novembre 2022.

Parallelamente, sono state svolte le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova, culminate negli odierni provvedimenti restrittivi che hanno raggiunto un imprenditore della logistica portuale, un dipendente di una ditta di spedizioni, un esponente di spicco della cosca mafiosa facente capo alla “famiglia Lo Piccolo” di Palermo, residente a Serra Riccò (GE), e 3 cittadini sudamericani.

Sotto la lente degli investigatori è finita la compravendita di un terreno in Palermo, che l’imprenditore ligure, in concorso con l’esponente mafioso, aveva intestato fittiziamente ad una sua società, affinché non fosse sottoposto al sequestro nell’ambito di una misura di prevenzione patrimoniale che aveva colpito in precedenza il soggetto palermitano, già condannato due volte per il reato di cui all’art. 416bis c.p. a Palermo. Per ottenere lo scopo, i due, davanti ad un Notaio di Massa Carrara, poi sanzionato dalla DIA per la violazione alla normativa antiriciclaggio, per aver omesso di svolgere l’adeguata verifica e di effettuare la segnalazione di operazione finanziaria sospetta, avevano simulato il trasferimento attraverso una vendita fittizia del terreno per una somma dichiarata di 30.000 euro, valore di molto inferiore al reale. Il cespite, ubicato nel quartiere “Tommaso Natale-Cardillo” a Palermo, zona di influenza dell’omonima cosca di mafia, era di importanza strategica per la famiglia mafiosa che avrebbe voluto trasformarne la destinazione d’uso da agrumeto a zona edificabile, così da introitare ingenti guadagni. Il terreno di 5000 mq è stato sottoposto a sequestro preventivo.

Contestualmente, le indagini hanno portato alla scoperta di 4 pistole ed oltre 500 proiettili, occultati in un container/shelter, in uso alla società logistica e nella disponibilità dell’imprenditore. L’uomo veniva filmato dalle telecamere posizionate dagli uomini della DIA mentre cercava di recuperare le armi. Sono in corso accertamenti per verificare se le stesse siano state mai utilizzate per eventuali azioni delittuose.

L’imprenditore è accusato di aver costituito un gruppo organizzato dedito al traffico internazionale di cocaina dal Sudamerica. In particolare, gli indagati sono accusati di aver operato tramite l’utilizzo della società di logistica del medesimo, con la complicità di un dipendente di una società di spedizioni genovese, che avrebbe redatto la documentazione di copertura, e di alcuni cittadini sudamericani che avrebbero agevolato l’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dall’Ecuador, già finanziati per oltre 600 mila euro, parte dei quali inviati in contanti ai fornitori attraverso canali di trasferimento illegali, gestiti da persone di nazionalità cinese residenti a Roma. I due carichi, attesi nel porto di Genova tra agosto 2022 e maggio 2023, non giungevano a destinazione per problematiche di imbarco nel porto di Guayaquil (Ecuador). Le attività delittuose sono state ricostruite anche con la collaborazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Genova.

E’ stato infine contestato all’imprenditore anche il reato di estorsione poiché, forte della disponibilità di armi, minacciava di morte una persona costringendola a non vendere un immobile sulle alture di Genova, nella disponibilità di quest’ultima, ed anzi a sottoscrivere un contratto di comodato d’uso in suo favore al fine di adibirlo a B&B dal quale l’indagato avrebbe tratto guadagni esclusivi.

I sei arrestati sono stati condotti nel carcere di Genova Marassi a disposizione dell’A.G.

Le attività sono state supportate anche dalle altre Forze di polizia, con l’ausilio di 4 unità cinofile per la ricerca di armi e droga. Il procedimento penale è nella fase delle indagini preliminari e la responsabilità delle persone sottoposte ad indagini sarà definitivamente accertata solo ove intervenga la sentenza irrevocabile di condanna. E’ fatta pertanto salva la presunzione di innocenza delle persone denunciate

Vicenda carcere, on. Faraone: “La situazione a Trapani è altamente critica”

Trapani – “Il sogno di Delmastro è togliere il respiro ai detenuti? Il carcere Cerulli di Trapani è quello in cui il suo desiderio si realizza pienamente. Stamani l’ho visitato e ho potuto constatare che le condizioni di detenzione sono ai limiti dell’impossibile. E’ vero, è lo stesso carcere in cui si sono verificati dei casi di tortura nei confronti dei detenuti. E per questo è bene che la giustizia faccia il suo corso e i responsabili vengano perseguiti”. Lo sottolinea il capogruppo alla Camera di Italia Viva, il deputato Davide Faraone, stamane in visita alla casa circondariale di Trapani. E poi continua: “Ma guai a fare di tutta l’erba un fascio. Al Cerulli stanno male tutti. Gli agenti, che sono sotto organico del 30% e si devono fare in quattro per gestire anche i detenuti con problemi psichiatrici. Gli stessi detenuti, che vivono in ambienti che necessiterebbero di interventi strutturali e per mancanza di personale stanno in celle stracolme, rinunciando a tante altre attività. A chi vive nel carcere di Trapani il respiro manca davvero. I mafiosi, complici di Matteo Messina Denaro, nella stessa provincia, stanno sicuramente meglio, continuano ad uscire dal carcere, perché il Governo non fa nulla per evitarlo”.

Intanto proseguono gli interrogatori di garanzia nei confronti degli indagati coinvolti nel blitz della scorsa settimana. E tra le ultime pagine dell’ordinanza vi è allegata anche la querela denuncia di uno detenuti che partecipò alla rivolta inscenata il 10 marzo del 2020 in pieno lockdown per via del covid nel penitenziario trapanese. La denuncia querela è stata presentata dal recluso il 19 aprile del 2023. L’uomo racconta a magistrati e investigatori, l’indagine è stata effettuata dagli agenti del Nic di Palermo coordinati dal procuratore Gabriele Paci della Procura di Trapani, di avere partecipato alla rivolta organizzata da un gruppo di reclusi del reparto “Mediterraneo”.

Naturalmente è tutto da accertare e chiarire e chi ha investigato così come la Procura che in questi tre anni di indagine ha coordinato, vista la delicatezza continua a verificare la fondatezza dei fatti raccontati anche da questo detenuto, visto che non c’è un riscontro video o una qualsiasi intercettazione relativa a questo specifico evento. Ma intanto anche questa denuncia è finita tra le altre carte giudiziarie. L’indagine sul Pietro Cerulli, così com’è stato sottolineato in conferenza stampa, comunque non è del tutto chiusa.

Trapani. A processo per violenza sessuale l’olimpionico Antonino Pizzolato

Trapani – Il due volte medaglia di bronzo nel sollevamento pesi, alle olimpiade di Tokio del 2020 e Parigi 2024, Antonino Pizzolato, è imputato per violenza sessuale di gruppo aggravata. L’olimpionico che gareggia per le fiamme oro è accusato di aver violentato insieme ad altri tre amici una turista finlandese di 27 anni in un residence sul lungomare di Trapani il 22 luglio 2022.

Il processo, con rito ordinario, per la violenza sessuale si è aperto il 5 febbraio di quest’anno davanti al collegio del tribunale di Trapani. Con Pizzolato, 28 anni originario di Castelvetrano ma residente a Ladispoli nel Lazio, sono a giudizio Davide Lupo, 31 anni di Ribera (Agrigento); Claudio Tutino 35 anni di Cattolica Eraclea (Agrigento) e Stefano Mongiovì, 30 anni anche lui di Ribera. Oggi davanti al collegio trapanese è stata sentita in aula la vittima. La giovane è stata sentita per quattro ore ed ha ripercorso quanto accaduto la sera del 22 luglio di due anni fa Ha ribadito le violenze, di aver provato a fermarli, ma poi terrorizzata dalla violenza, sarebbe rimasta immobile in attesa che tre dei quattro imputati finissero di abusare di lei.

Nel luglio del 2022, la 27enne aveva denunciato una violenza sessuale di gruppo da parte di 4 persone durante la sua vacanza a Trapani. La turista finlandese si trovava in vacanza in Sicilia e aveva raccontato quanto le era accaduto a un’amica che l’aveva spinta a chiamare i carabinieri il giorno stesso. A quel punto era iniziata la caccia all’uomo, terminata quasi subito grazie a un testimone, intervenuto per soccorrere la giovane, che aveva permesso alle forze dell’ordine di individuare in breve tempo uno dei 4 presunti responsabili dello stupro.

Tutto era avvenuto nell’appartamento di un residence dove alloggiava uno dei 4 giovani accusati: la 27enne finlandese aveva raccontato di essere stata trascinata nell’appartamento dopo essere stata costretta a bere alcolici e poi abusata dai 4. Secondo una prima ricostruzione, la vittima si trovava in Sicilia da qualche giorno insieme ad alcune amiche conosciute in spiaggia.

La ragazza aveva raccontato agli inquirenti di aver conosciuto il gruppo di 4 ragazzi in un locale dove si era recata in compagnia delle amiche. Dopo una serata trascorsa tutti insieme, tre delle giovani della comitiva avrebbero deciso di tornare a casa, mentre la 27enne era rimasta con gli altri 4 ragazzi. La giovane, già in stato di ebbrezza perché costretta a bere, sarebbe stata trascinata nell’appartamento del residence e violentata.

La prima udienza del processo si era tenuta il 5 febbraio scorso innanzi il tribunale di Trapani. Durante la prima seduta erano stati ascoltati i carabinieri intervenuti dopo la violenza. I militari confermarono quanto già raccontato dalla 27enne agli inquirenti.

Marsala. Furto di carburante all’autoparco, colto in flagranza di reato il ladro

Marsala – Un furto di carburante è stato compiuto all’Autoparco comunale di Marsala, sede di Uffici e dell’autorimessa dei bus urbani, dove è pure presente una stazione di rifornimento (gasolio e benzina) di tutti i mezzi comunali. Intorno alle ore 19 di sabato scorso, il sistema di videosorveglianza ha segnalato la presenza di persone che si aggiravano tra i bus parcheggiati. Da questi, veniva prelevato del carburante raccolto in diversi contenitori. Individuato l’autore del furto e recuperati circa 300 litri di carburante.

Allertati i Carabinieri, una volante dell’Arma ha intercettato l’auto usata per il trasporto del carburante, rilevandone circa 300 litri nel bagagliaio. I dettagli del furto, oltre che riferiti all’Amministrazione Grillo, sono stati prontamente denunciati dalla dirigente del settore SPL, Annalisa La Rocca, alle Forze dell’Ordine. Il sospetto di furto di carburanti era stato sollevato dopo il controllo sui consumi dei bus, anomalo rispetto ai chilometri che abitualmente si percorrono su ogni linea. Da qui il posizionamento delle telecamere anche in altri settori dell’Autoparco, consentendo così di registrare il compimento del reato. Il sindaco Massimo Grillo si è complimentato con la dirigente per l’intervento tempestivo, grazie al quale è stato possibile risalire all’autore del furto.

Marsala: la Polizia coordina controllo interforze passando a setaccio il centro storico

Marsala – Polizia, carabinieri, polizia municipale e finanza insieme, per una serie di controlli a tappeto nella cosiddetta zona della movida di Marsala ma non solo. L’attività di servizio è stata effettuata nel corso della serata e della notte del 21 novembre scorso. Si tratta di mirate operazioni straordinarie di controllo del territorio, finalizzate alla prevenzione dei reati, coordinate da personale del Commissariato di Marsala, con l’ausilio delle pattuglie del Reparto Prevenzione Crimine di Palermo, della Polizia Municipale e della Guardia di Finanza di Marsala, del S.I.O. del 12° Reggimento Carabinieri “Sicilia”.

Nell’occasione, sono stati effettuati molteplici posti di controllo in prossimità delle zone del centro città, tra cui Porta Mazara/Piazza Matteotti (notoriamente, una delle aree urbane più sensibili del comune lilibetano, frequentata soprattutto da cittadini extracomunitari), Porta Nuova e Piazza della Repubblica, nonché lungo le arterie stradali che innervano la cittadina marsalese. Numerose sono state, infatti, le contravvenzioni al Codice della Strada elevate dalle pattuglie impiegate nel detto servizio, corredate da plurimi ritiri di patenti e carte di circolazione, sequestri e fermi amministrativi di autoveicoli per guida senza patente.

L’attività di controllo si inserisce nell’ambito dell’intensificazione dei servizi ordinari e straordinari di controllo sull’intero territorio marsalese con particolare riguardo alle zone urbane del centro storico, particolarmente segnate dalla recrudescenza dei fenomeni connessi alla criminalità diffusa.
Identificate 123 persone, controllate 59 autovetture, effettuate due perquisizioni personali; inoltre, un soggetto extracomunitario è stato denunciato per resistenza a P.U. in quanto inizialmente si era opposto ad un controllo di Polizia.

Beni per oltre 2 milioni confiscati ad una badante, aveva rubato l’eredità ad un disabile

Palermo – La guardia di finanza di Palermo ha confiscato beni per 2 milioni e 150 mila euro a Giusta Sorrentino. La donna era riuscita a farsi donare un patrimonio da oltre 2 milioni da un ragazzo disabile, dopo essere stata la badante per anni del padre del giovane, un anziano e facoltoso imprenditore di Misilmeri deceduto nel 2014. Sorrentino era stata condannata in primo grado a 6 anni di carcere, l’accusa di circonvenzione d’incapace è andata prescritta, ma è rimasta in piedi quella di autoriciclaggio. Oggi la confisca.

Il provvedimento esecutivo è stato emesso dalla Corte d’Appello, dopo che la condanna della donna è diventata definitiva. Per gli investigatori delle fiamme gialle è stato difficoltoso rintracciare il patrimonio perché Sorrentino ha reimpiegato le somme su conti bancari di una società ungherese, costituita a questo scopo. Da lì sono stati compiuti trasferimenti anche verso Paesi extracomunitari.

L’inchiesta sulla donna era scattata nel 2017 l’anno dopo era scattato il sequestro di oltre 2 milioni, ritenuti provento dell’operazione. La Sorrentino aveva accudito il padre della vittima, già titolare di una catena di lavanderie negli Stati Uniti, che al momento della sua morte le aveva lasciato in eredità la nuda proprietà di 31 immobili e 450 mila euro. Al figlio disabile l’anziano aveva lasciato polizze assicurative per 2 milioni. Insaziabile però la donna, aveva deciso di appropriarsi anche del lascito del ragazzo.

Incassate le somme, la Sorrentino le aveva girate ad una ditta ungherese di cui era unica socia. Nel 2021 la donna era stata condannata a 6 anni in primo grado dal tribunale di Termini Imerese, presieduto da Vittorio Alcamo, che aveva disposto una provvisionale di oltre 2 milioni per la vittima, parte civile con l’assistenza dell’avvocato Salvatore Sansone. Il reato di circonvenzione di incapace, però, è andato prescritto, ma è rimasta in piedi l’altra accusa, che ora ha portato alla confisca dei beni.

“Il provvedimento in corso di esecuzione, che permetterà di assicurare all’erario la quasi totalità delle somme, riguarderà numerosi cespiti immobiliari intestati alla condannata, nonché al nucleo familiare, cui sono stati via via trasferiti alcuni dei beni. Saranno apprese, inoltre, anche le disponibilità liquide giacenti sui conti correnti della condannata e dei familiari, e ogni altra disponibilità economica e finanziaria, incluse quelle presso terzi”, spiega il Comando provinciale della guardia di finanza. “Si conferma così l’impegno della guardia di finanza quale forza di polizia a tutela della legalità economica e finanziaria, a contrasto dell’accumulo di patrimoni illeciti e a difesa dei cittadini più deboli spesso bersaglio di individui senza scrupoli”.