Sospensione in vista per il presidente del consiglio comunale di Trapani Anna Lisa Bianco

Trapani – Per il presidente del consiglio comunale di Trapani, Anna Lisa Bianco è prevista la sospensione dalla carica di presidente e consigliere comunale, e questo a seguito della condanna inflitta ieri per corruzione dal gup di Trapani. La Bianco è una delle indagate dell’inchista “Aspide”.

La misura è prevista dalla legge Severino (D. Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235), che disciplina le cause di sospensione e decadenza degli amministratori pubblici condannati per reati gravi.

La normativa è chiara: una condanna, anche solo in primo grado, per reati come corruzione, concussione o altri reati contro la pubblica amministrazione comporta la sospensione automatica del condannato dalle cariche pubbliche. Nel caso specifico di Anna Lisa Bianco, la sospensione riguarderà sia il ruolo di presidente del Consiglio comunale che quello di consigliere comunale. La condanna per corruzione emessa dal Gup di Trapani fa infatti scattare automaticamente l’applicazione della legge Severino. Ora spetta al Prefetto di Trapani accertare la condanna e disporre il provvedimento di sospensione, che verrà notificato al Comune di Trapani. A quel punto, Anna Lisa Bianco sarà formalmente sospesa dalle sue funzioni, in attesa degli sviluppi nei prossimi gradi di giudizio.

Inchiesta Aspide: condanne e patteggiamenti

Trapani – L’indagine “Aspide” quella che ha svelato inciuci e corruzioni dentro l’Asp di Trapani è giunta alla pronuncia delle prime sentenze. Le ha pronunciate oggi il gup giudice Caruso. Alcuni indagati sono stati giudicati col rito abbreviato, altri hanno patteggiato.

Nel rito abbreviato la condanna più pesante per corruzione è stata per l’ex dirigente Antonio Sparaco, 4 anni e 4 mesi. Sparaco è stato assolto dagli altri reati tra i quali quello di truffa. Sempre per corruzione, il giudice ha inflitto due anni e otto mesi ad Anna Lisa Bianco, attuale presidente del Consiglio comunale di Trapani e ad Angela Cruciata. Hanno patteggiato invece Antonina La Commare, 5 mesi e 10 giorni (rivelazione segreto d’ufficio), Attilio Giovanni Bonavires 1 anno e sei mesi (corruzione), Giovanni Iacono Fullone, un anno nove mesi e dieci giorni (ecorruzione).

E’ stata rinviata la decisione per l’ex direttore sanitario Gioacchino Oddo, che dovrebbe patteggiare una condanna a due anni nove mesi. E’ uscito dal procedimento con una pronuncia netta di non luogo a procedere per non aver commesso il fatto il medico Renato Candura. Rinvio a giudizio invece per l’ex manager dell’Asp, Fabio Damiani e per l’ing. Antonella Federico: per loro la prima udienza è fissata per il 12 marzo. Rinvio a giudizio anche per la donna che avrebbe acconsentito ad una richiesta di natura sessuale proposta dall’ex direttore sanitario Oddo, per ottenere il rilascio di una patente, per lei prima udienza il 5 febbraio. Altri indagati sono usciti da tempo dall’indagine con il patteggiamento, la dirigente Asp Maria Pia Messina e il medico Alberto Adragna. Hanno scelto la strada della messa alla prova, per uscire dall’inchiesta giudiziaria, i Carlo e Gaspare Gianformaggio, padre e figlio, quest’ultimo oggi consigliere comunale nel capoluogo.

Indagini latitanza Matteo Messina Denaro, nel registro degli indagati un altro medico

Palermo – Nelle indagini sulla ricerca dei favoreggiatori della trentennale latitanza del boss defunto Matteo Messina Denaro, spunta un altro medico che è stato iscritto nel registro degli indagati, si tratta di Antonino Pioppo, 69 anni, oggi direttore della clinica oculistica dell’ospedale Civico ma che ha rivestito lo stesso incarico all’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello.

Le indagini sono partite dal ritrovamento di due ricette nel covo del boss a Campobello di Mazara. Erano firmate da Pioppo che, convocato dagli investigatori come persona informata sui fatti, ha respinto ogni accusa. Non sapeva chi fosse realmente l’uomo che si presentò come Andrea Bonafede e che aveva visitato nel 2016 e nel 2020 nel suo studio privato.

Matteo Messina Denaro per lo strabismo all’occhio sinistro si è rivolto a diversi medici e strutture sanitarie. Nell’87 allora venticinquenne e con la sua identità, dato che non era ancora latitante, era stato a curarsi in Spagna, a Barcellona, alla clinica Barraquer. L’attività è stata svolta dagli agenti dello Sco della polizia. Sono in corso perquisizioni negli ospedali Villa Sofia e Civico di Palermo. L’attività investigativa è coordinata dalla Dda di Palermo guidata dal procuratore Maurizio de Lucia. Al centro delle indagini la rete di connivenze che ha aiutato il capomafia anche in ambienti sanitari.

Andrea Bonafede, Giuseppe Giglio, Vito Accardo, Gaspare Bono, Giuseppe Bono, Renzo Bono, Salvatore Bono: sono solo alcune delle false identità che durante la latitanza avrebbe usato Matteo Messina Denaro, scoperte dalla Procura di Palermo che ha chiesto agli ospedali Villa Sofia e Civico la documentazione sanitaria intestata a ben 15 pazienti ritenendo che le relative generalità possano essere state utilizzate dal capomafia.

Gli altri possibili nomi usati dal boss sarebbero: Melchiorre Corseri, Vito Fazzuni, Giuseppe Gabriele, Giovanni Giorgi, Giuseppe Indelicato, Simone Luppino, Giuseppe Mangiaracina e Alberto Santangelo. I dati relativi ai potenziali alias appartengono a persone esistenti, tutte, tranne una, del Trapanese, tra Campobello di Mazara e Castelvetrano, e nate tra il 1961 e il 1973, età abbastanza compatibili con quella del boss, nato il 26 aprile del 1962. Gli inquirenti hanno delegato la polizia ad acquisire negli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo, in banche dati e in altre strutture ospedaliere della città prescrizioni, ricette e documentazione sui ricoveri riferibili alle 15 identità.

Donna sopresa a rubare in una abitazione, fermata dai carabinieri

Marsala – I Carabinieri di Marsala hanno arrestato in flagranza, per furto in abitazione, una donna di 39 anni. Sarebbe stata sorpresa dai militari dell’Arma all’interno di un appartamento con gli oggetti preziosi rubati già occultati in una borsa. Il pronto intervento dei Carabinieri nell’abitazione, dov’era stata forzata la porta d’ingresso, sarebbe stato richiesto dal proprietario di casa che aveva scoperto la presunta ladra tramite le proprie telecamere di sorveglianza.

Dopo l’udienza di convalida, la donna è stata sottoposta alla misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza e contestuale divieto di allontanarsi da casa durante le ore notturne.

Processo operazione “Sugar”, le richieste del Pm per sette imputati

Marsala – Il processo è quello che scaturisce dall’operazione antidroga “Sugar” della guardia di finanza. Il pm della Dda di Palermo Federica La Chioma ha chiesto la condanna di sette presunti spacciatori che erano coinvolti in questa operazione effettuata il 1 dicembre 2022 quando a Mazara furono disarticolate due organizzazioni criminali accusate di gestire altrettante piazze di spaccio.

Imputati, davanti il Tribunale di Marsala, sono Cristian Vito Peraino, di Marsala, Francesca Nadia Barbera, Pietro Cannavò, Paola Perniciaro, Clara Policardo, Francesca Pizzo, tutti di Mazara, e il romeno Stefan Daniel Mihaescu.

Quattro anni, otto mesi e 26 giorni di reclusione sono stati chiesti dal pm per Peraino, Barbera e Cannavò, tre anni per Policardo, due anni e 8 mesi per Mihaescu, due anni per Perniciaro e Pizzo.

I due gruppi criminali avrebbero gestito le piazze di spaccio nel quartiere popolare di “Mazara 2” e questo attraverso una capillare rete di distribuzione in grado di perfezionare quotidianamente molteplici cessioni di sostanza stupefacente, diversificandone l’offerta: dal crack, alla marijuna, all’hashish e alla cocaina.

Ventuno, in tutto, le persone indagate. Per 13 di loro fu disposta la misura cautelare del divieto di dimora nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento, per gli altri otto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Ieri pomeriggio, hanno tenuto le loro arringhe gli avvocati difensori Alessandro Casano, Felicita Tranchida, Antonina Bonafede, Simone Bonanno e Vito Perricone.

Altre undici persone coinvolte nella stessa indagine sono state già condannate in primo grado il 5 settembre 2023 nell’abbreviato davanti al gup di Palermo Rosario Di Gioia. La pena più severa (quattro anni e 2 mesi di carcere e 10 mila euro di multa) venne inflitta a Salvatore Addolorato, di 47 anni, presunto leader di una delle due organizzazioni.

La Sicilia nella morsa di un violento uragano

Palermo – Terminata l’esercitazione organizzata dalla Direzione regionale dei Vigili del fuoco della Sicilia per testare l’operatività delle squadre in caso di calamità della colonna mobile regionale dei comandi provinciali. Nello specifico si è ipotizzato una scenario legato ad un violento uragano che aveva colpito diversi territori della regione.

Diversi i moduli di colonna mobile attivati in base all’applicazione della circolare 1_2020: Moduli per il contrasto al rischio acquatico, sommozzatori, Moduli aerei, Posti di Comando Avanzati e Moduli Logistici impegnati per simulare il soccorso di una vittima bloccata nel proprio abitacolo all’interno di un corso d’acqua, la ricerca di una vittima lungo il fiume Delia a Mazara del Vallo (TP) con gommone da rafting e il recupero di una vittima nel fondale.

Poi ancora squadre USAR (Urban Search And Rescue) impegnate per la ricerca di persone tra le macerie hanno testato i soccorsi presso il campo macerie e presso il ”parcheggio simulato” già oggetto di esercitazioni internazionali, a Poggioreale (TP) e moduli NBCR (Nucleare Batteriologico Chimico Radiologico) impegnati da tutti i comandi della Sicilia presso due distinti siti: nei giorni 9 e 10 dicembre presso le stazione di rifornimento degli autobus alimentati ad idrogeno del CNR ITAE, con sede nel comune di Capo d’Orlando (ME), zona industriale Contrada Masseria, per la dispersione di idrogeno da una apparecchiatura della stazione di servizio; il giorno 11 dicembre presso la Società Agricola Assoro Biometano, nel comune di Assoro (EN) SS192 Km 22.835 è stata simulata la dispersione senza incendio di una cisterna che trasportava GNL.

Anche i Moduli RECS (Ricognizione Esperta e Caratterizzazione Strategica) e MS.TAS su tre distinti borghi della regione, dislocati rispettivamente nei comuni di Monreale (PA) Borgo Schirò e Aidone (EN), hanno effettuato una preliminare e rapida ricognizione mirata a valutare lo scenario di rischio e l’entità dell’evento, nonché la priorità degli interventi di messa in sicurezza.
Per ogni evento calamitoso che vede impegnati più moduli operativi della regione si rende necessario garantire il supporto logistico, si è proceduto all’attivazione del ML.MED con il montaggio delle attrezzature in dotazione (Tende alloggio, modulo cucina, modulo servizi, gruppo elettrogeno e impianti elettrici completi).

Per tutta la durata dell’esercitazione è stato inoltre previsto il potenziamento delle sale operative dei Comandi e della Direzione regionale (con la presenza di un funzionario e di un operatore) per la gestione degli eventi di ciascun comando e le relative movimentazioni sull’applicativo SUPREME.

Dimezzate in appello le pene ai vivandieri di Matteo Messina Denaro

Palermo – Pene dimezzate per i vivandieri di Matteo Messina Denaro, Lorena Lanceri ed Emanuele Bonafede. Cade l’accusa di concorso esterno riqualificato in favoreggiamento aggravato.

La condanna per Lorena Lanceri, scende da 13 anni e 4 mesi del primo grado a 5 anni e 8 mesi in appello. Sconto anche per il marito, Emanuele Bonafede: per quest’ultimo confermata la condanna per favoreggiamento ma la pena passa da 6 anni e 8 mesi a 4 anni e 4 mesi.

I coniugi Bonafede/Lanceri, per mesi hanno ospitato a pranzo e cena e nel periodo della quarantena del Covid nella loro casa di Campobello di Mazara, il boss allora latitante Matteo Messina Denaro. Oltre a preparare il cibo al capomafia ricercato, la coppia effettuava una stretta vigilanza sulla zona: i video della telecamere di sorveglianza di alcuni negozi hanno ripreso i due mentre, dopo essersi accertati che per strada non ci fossero poliziotti o carabinieri, davano il via libera al loro ospite per farlo uscire indisturbato dalla abitazione.

I coniugi furono arrestati qualche settimana dopo la cattura del boss. Nell’ultima udienza la donna aveva fatto delle dichiarazioni spontanee. “Mi faceva stare bene”. Durante le dichiarazioni spontanee in aula, la donna aveva sottolineato di avere voluto bene al boss. “Gli ho voluto bene anche perché io vedo sempre il bene nelle persone. Quando l’ho conosciuto io sapevo che si chiamava Francesco Salsi e così pure quando abbiamo cominciato ad avere una conoscenza intima. Poi, quando ho saputo chi era, nella mia mente comunque ho continuato a percepirlo come la persona che avevo incontrato”.

Nella sua requisitoria, il sostituto procuratore generale Carlo Marzella aveva invece chiesto la conferma delle condanne inflitte a Lorena Lanceri e al marito Emanuele Bonafede, sottolineando la gravità del comportamento della coppia.

Era la “figlioccia” e la “postina” di Matteo Messina Denaro

Palermo – Otto anni di reclusione. Questa la richiesta avanzata dalla Procura antimafia di Palermo per Martina Gentile, figlia della maestra di Campobello di Mazara Laura Bonafede, già condannata per associazione mafiosa, risultata essere braccio operativo nella latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Per la Gentile, figlia dell’ergastolano Salvatore Gentile, l’accusa è quella di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. Stamane dinanzi al gip del Tribunale di Palermo è stato il pm Gianluca De Leo a tenere la requisitoria durante la quale ha ripercorso le fasi salienti dell’indagine. Per la Procura di Palermo risulta provato il fatto che la figlia della storica compagna di Matteo Messina Denaro, abbia fatto parte della ristretta rete di fiancheggiatori del boss. Tanto da essere ritenuta la “figlioccia” del boss. Martina Gentile, destinataria a suo tempo di una richiesta di misura cautelare, sottoposta dal dicembre dell’anno scorso agli arresti domiciliari, si sarebbe divisa tra il lavoro in uno studio tecnico di Campobello di Mazara e quello di supplente in una scuola di Pantelleria e l’attività di “postina” per i pizzini del boss.

Corrispondenza che talvolta lei ha nascosto nel passeggino con sua figlia appena nata. Messina Denaro per lei aveva speso parole di apprezzamento per la ragazza, chiamata in codice Tan. Una giovane pronta a recepire i valori mafiosi: in un necrologio dedicato al nonno, il boss di Campobello di Mazara, Leonardo Bonafede, aveva pubblicamente scritto: “onorata di appartenerti”, per la Procura quelle parole sarebbero state indirettamente indirizzate proprio a Matteo Messina Denaro. Martina Gentile è stata quindi “uno degli ingranaggi indispensabili del sistema di comunicazione – hanno sostenuto nella richiesta accolta dal gip – ingegnato dal latitante, grazie al quale questi ha anche potuto mantenere la indispensabile sponda di Laura Bonafede nella condivisione e gestione delle strategie mafiose sul territorio di Campobello di Mazara”.

Si sarebbe interfacciata anche con Lorena Lanceri, la vivandiera di Messina Denaro, moglie di Emanuele Bonafede, altri personaggi cruciali nella latitanza del boss Messina Denaro, e per questo già condannati per mafia. E tutto questo già almeno due anni prima della cattura del pericoloso latitante di Cosa nostra trapanese. E per la “figlioccia” Martina Gentile, Matteo Messina Denaro non sarebbe stato avaro nei regali, per lei anche una collana Bulgari. La giovane donna non ha mai risposto alle domande dei pm, ha solo fatto una dichiarazione spontanea: “Da bambina gli ho voluto bene. Ma ora ho capito di aver sbagliato”. Ma intanto su richiesta della Procura dei minori, Martina Gentile ha perso momentaneamente la responsabilità genitoriale della figlioletta: per i giudici c’è il concreto rischio che la donna trasmetta la subcultura mafiosa alla piccola.

Porto di Trapani: al via i lavori per il recupero, demolizione e smaltimento dei relitti sommersi

Trapani – Sono iniziate, nei giorni scorsi, le operazioni di recupero di nove relitti sommersi nello specchio di porto antistante la Banchina Isolella Nord e la Banchina Sporgente Ronciglio.

I lavori di rimozione, che si prolungheranno fino a tutto il mese di gennaio come previsto da una ordinanza della Capitaneria di Porto di Trapani sono stati affidati dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale a una ditta specializzata nel settore che avrà, anche, il compito di procedere alla demolizione e allo smaltimento dei rifiuti eventualmente prodotti secondo la normativa vigente.

In virtù della sinergia creatasi tra l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Occidentale, la Capitaneria di Porto di Trapani e gli operatori portuali, a vario titolo interessati, la rimozione dei relitti aumenterà l’operatività dello scalo di Trapani consentendo una migliore ridistribuzione degli ormeggi e aumentando la capacità di intervento dei servizi tecnico nautici (rimorchiatori, piloti ed ormeggiatori) oltre a rappresentare un importante intervento a tutela dell’ambiente marino.

Tale attività è successiva all’incontro che si è tenuto, nei giorni scorsi, presso gli uffici della Capitaneria di Porto di Trapani quando il Capo del Compartimento Marittimo Guglielmo Cassone, congiuntamente ai funzionari dell’Autorità di Sistema Portuale, ai rappresentanti dei servizi tecnico nautici e ai terminalisti interessati, ha avviato un tavolo tecnico relativo all’andamento dei lavori relativi al dragaggio del porto che, una volta terminato, aumenterà il livello di sicurezza delle manovre in entrata e uscita dal porto consentendo, al contempo, un auspicato aumento del traffico marittimo.

Revocata l’erogazione del reddito di cittadinanza a 90 persone

Caltanissetta – Revocata l’erogazione del redditto di cittadinanza per novanta persone, sia italiani sia stranieri, che avrebbero percepito, indebitamente, il sostegno economico per un importo complessivo di 600 mila euro. Il risultato di una indagine condotta dai militari della Guardia di finanza di Caltanissetta che hanno passato al setaccio la posizione dei percettori residenti a Caltanissetta, Gela e Mussomeli.

Gli accertamenti, come sottolineano i militari delle Fiamme gialle, sarebbero stati svolti “attraverso l’analisi documentale delle istanze e i successivi riscontri anche attraverso le Banche Dati disponibili”. Le ispezioni avrebbero consentito di individuare numerose persone che avrebbero falsamente attestato i requisiti necessari per fruire della misura assistenziale. Da qui, pertanto, la revoca e la restituzione delle somme percepite.