Palermo. Tentato omicidio, la vittima un fioraio

Palermo – Tentato omicidio stamane a Palermo. L’uomo che è stato ferito a colpi d’arma da fuoco davanti al cimitero dei Rotoli, a Palermo da una prima ricostruzione stava litigando con una persona quando questa ha estratto una pistola e l’ha ferito gravemente al torace con due colpi.

Soccorso dai sanitari dei 118 e trasportato all’ospedale Villa Sofia è stato sottoposto ad intervento chirurgico. Le indagini sono condotte dalla polizia che ha ritrovato a terra sei bossoli. Un appuntamento o un agguato? Chi è stato ad esplodere i colpi di pistola? Nel tentato omicidio potrebbero essere coinvolte più persone che simultaneamente hanno raggiunto la zona del camposanto. Con quali ruoli è tutto da chiarire.

Palermo. Vigili del fuoco a lavoro da ieri pomeriggio e fino a stamane a causa del maltempo

Palermo – E’ stata una notte di intenso lavoro per i vigili del fuoco di Palermo a causa delle avverse condizioni meteorologiche caratterizzate da pioggia e forte vento. Dalle ore 20 di ieri fino alle otto di questa mattina sono stati effettuati circa 30 interventi tra i quali lamiere pericolanti e alberi divelti. Intorno alle ore 20.30 di ieri un fulmine ha colpito la torre dell’acqua di un ristorante in via dei quartieri al civico 104 a Palermo. L’evento ha determinato il distacco di notevoli quantità di materiale lapideo che ha colpito alcuni avventori del locale in totale 4 persone sono state trasportate in ospedale dal personale del 118 giunto sul posto.

A seguito dell’evento si è proceduto ad inibire l’uso dei locali; in questo momento è in corso un sopralluogo di verifica con funzionario di questo Comando e tecnici della sovrintendenza di Palermo. Sempre a causa del forte vento ieri pomeriggio intorno alle ore 17 si è verificato il distacco di una copertura in lamiera di notevoli dimensioni, da un edificio in via Alla Falconara civico 40 (sempre a Palermo). Continuano anche oggi diversi interventi per alberi pericolanti e distacchi di intonaco (le foto si riferiscono al distacco intonaco cornicione Istituto nautico Gioeni Trabia e albero divelto in viale Lazio all’altezza del civico 6. Seguiranno aggiornamenti.

Matteo Salvini assolto al processo Open Arms: “Il fatto non sussiste”

Palermo – Il ministro: “Fiero di aver difeso il mio Paese, rifarei ciò che ho fatto”. Il tribunale di Palermo ha assolto il leader della Lega Matteo Salvini dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio al processo per la vicenda della nave della ong spagnola Open Arms.

Secondo l’accusa, il vicepremier e ministro dei Trasporti, ad agosto del 2019, quando ricopriva la carica di ministro dell’Interno, avrebbe impedito illegittimamente all’equipaggio dell’imbarcazione catalana di far sbarcare a Lampedusa 147 migranti soccorsi in mare.

Stringe i pugni nel segno di vittoria, abbraccia chi gli capita. Matteo Salvini si guarda intorno, cerca Francesca Verdini. Lei è in lacrime, lo raggiunge: e si lasciano andare in un lungo abbraccio. L’avvocato Giulia Bongiorno è commossa. “Siete stati tutti bravi”, dice Salvini.

“C’è un giudice a Palermo! Un abbraccio a Matteo Salvini”. E’ il tweet del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “‘E un grande giorno per l’Italia”, ha detto il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara. Applausi dai banchi del centrodestra, con cori “Matteo, Matteo”, nell’Aula della Camera dopo la notizia dell’assoluzione di Matteo Salvini. L’Aula sta lavorando sulla manovra. “Va bene colleghi, andiamo avanti. Andiamo avanti, è il caso di dire”, ha detto il vicepresidente Giorgio Mulè dopo una brevissima pausa durante gli applausi.

L’accusa era rappresentata in aula dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella e dai pm Gery Ferrara e Giorgia Righi che, lo scorso 14 settembre, al termine della requisitoria, aveva chiesto la condanna di Salvini a 6 anni di reclusione. Al processo si sono costituti parte civile alcuni dei profughi trattenuti a bordo della nave catalana e tra gli altri Legambiente, Arci, l’associazione AccoglieRete, Giuristi Democratici, il Ciss, Mediterranea Saving Humans, Cittadinanza Attiva, Oscar Camps, direttore della ong Open Arms, il comandante della nave a cui fu impedito l’attracco, Reig Creus, e il capo missione Anna Isabel Montes, il Comune di Barcellona, l’associazione Emergency e Asgi (Associazione studi giuridici immigrazione). I legali delle parti civili hanno chiesto complessivamente la condanna dell’imputato al pagamento di un milione di euro a titolo di risarcimento del danno. Il dibattimento è cominciato il 15 settembre del 2021. Sono state celebrate 24 udienze e sentiti 45 testimoni. Il leader leghista è difeso dall’avvocato Giulia Bongiorno che ha chiesto l’assoluzione del suo assistito “perché il fatto non sussiste”.

Blitz antimafia della finanza a Mazara, gli indagati davanti al Gip non parlano

Palermo – Tutti gli indagati coinvolti nell’operazione antimafia effettuato dalla Guardia di Finanza di Palermo e che ha coinvolto il mandamento di Mazara del Vallo, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nel corso degli interrogatori di garanzia davanti al gip di Palermo Fabio Pilato. Il blitz lunedì scorso ha visto 17 arresti tra Mazara del Vallo e Marsala, 7 persone sono finite in carcere e dieci ai domiciliari.

L’operazione ha smantellato il controllo mafioso delle aree rurali del versante sud del Trapanese. E come figura chiave del mandamento mafioso di Mazara (di cui fa parte Marsala) emerge quella di Pietro Burzotta. Genero del defunto boss Vito Gondola, Burzotta avrebbe raccolto l’eredità criminale del suocero, assumendo un ruolo di primo piano nella gestione delle aree di pascolo.

Nell’indagine anche un episodio di turbativa d’asta ad una vendita giudiziaria. Quella di un terreno, tra Mazara e Petrosino, della società «Orto Verde» di Giuseppe Alberto Argano, dichiarata fallita dal Tribunale di Marsala. Secondo le indagini della Dda, il tentativo di turbativa è stato orchestrato da affiliati mafiosi, tra cui Domenico e Pietro Centonze e Michele Marino, avvalendosi della forza intimidatoria di Cosa Nostra, avrebbero allontanato gli offerenti dalla procedura con minacce, collusioni e promesse, per farlo aggiudicare a soggetti vicini all’organizzazione.

Millanta di essere un avvocato e promette l’assunzione in una clinica in cambio di denaro. Arrestato

Bagheria (Palermo) – Personale della Squadra di P.G. della polizia e del Commissariato di Bagheria, ha arrestato in flagranza di un 50enne, autista di ambulanza, per il reato di tentata truffa.

L’uomo, dopo un’accurata scelta della vittima e con raggiri ed artifizi, le avrebbe promesso un lavoro presso una clinica di Bagheria. Per rendersi credibile si sarebbe presentato quale avvocato, riferendo di avere necessità di inserire due persone di fiducia presso una clinica privata di Bagheria, con l’incarico di centralinista.

Avrebbe promesso di mettersi personalmente a disposizione per la successiva assunzione, richiedendo dei documenti e la consegna di 1180,00 euro come polizza assicurativa. La vittima, sospettando potesse trattarsi di una truffa, si è prima rivolto alla polizia per poi fissare un appuntamento in un bar del centro di Bagheria con l’uomo. All’incontro il malcapitato è giunto “scortato” dai poliziotti del Commissariato, seppur con discrezione ed a debita distanza. Gli agenti, una volta concretizzatosi il passaggio della busta con all’interno i soldi, sono entrati in azione bloccando il cinquantenne, recuperando i soldi e procedendo al suo arresto per tentata truffa aggravata. Messo dinanzi al fatto compiuto, l’uomo avrebbe ammesso la truffa. Considerando che l’uomo è un soggetto con precedenti specifici, per scongiurare la possibilità di reiterazione di analoghe condotte, il Giudice del Tribunale di Termini Imerese ne ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari presso la propria abitazione.

Giova precisare che l’odierno indagato, è, allo stato, indiziato in merito al reato contestato e che la sua posizione sarà definitiva solo dopo l’emissione di una, eventuale, sentenza passata in giudicato, in ossequio al principio costituzionale della presunzione di innocenza.

Indagini latitanza Matteo Messina Denaro, nel registro degli indagati un altro medico

Palermo – Nelle indagini sulla ricerca dei favoreggiatori della trentennale latitanza del boss defunto Matteo Messina Denaro, spunta un altro medico che è stato iscritto nel registro degli indagati, si tratta di Antonino Pioppo, 69 anni, oggi direttore della clinica oculistica dell’ospedale Civico ma che ha rivestito lo stesso incarico all’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello.

Le indagini sono partite dal ritrovamento di due ricette nel covo del boss a Campobello di Mazara. Erano firmate da Pioppo che, convocato dagli investigatori come persona informata sui fatti, ha respinto ogni accusa. Non sapeva chi fosse realmente l’uomo che si presentò come Andrea Bonafede e che aveva visitato nel 2016 e nel 2020 nel suo studio privato.

Matteo Messina Denaro per lo strabismo all’occhio sinistro si è rivolto a diversi medici e strutture sanitarie. Nell’87 allora venticinquenne e con la sua identità, dato che non era ancora latitante, era stato a curarsi in Spagna, a Barcellona, alla clinica Barraquer. L’attività è stata svolta dagli agenti dello Sco della polizia. Sono in corso perquisizioni negli ospedali Villa Sofia e Civico di Palermo. L’attività investigativa è coordinata dalla Dda di Palermo guidata dal procuratore Maurizio de Lucia. Al centro delle indagini la rete di connivenze che ha aiutato il capomafia anche in ambienti sanitari.

Andrea Bonafede, Giuseppe Giglio, Vito Accardo, Gaspare Bono, Giuseppe Bono, Renzo Bono, Salvatore Bono: sono solo alcune delle false identità che durante la latitanza avrebbe usato Matteo Messina Denaro, scoperte dalla Procura di Palermo che ha chiesto agli ospedali Villa Sofia e Civico la documentazione sanitaria intestata a ben 15 pazienti ritenendo che le relative generalità possano essere state utilizzate dal capomafia.

Gli altri possibili nomi usati dal boss sarebbero: Melchiorre Corseri, Vito Fazzuni, Giuseppe Gabriele, Giovanni Giorgi, Giuseppe Indelicato, Simone Luppino, Giuseppe Mangiaracina e Alberto Santangelo. I dati relativi ai potenziali alias appartengono a persone esistenti, tutte, tranne una, del Trapanese, tra Campobello di Mazara e Castelvetrano, e nate tra il 1961 e il 1973, età abbastanza compatibili con quella del boss, nato il 26 aprile del 1962. Gli inquirenti hanno delegato la polizia ad acquisire negli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo, in banche dati e in altre strutture ospedaliere della città prescrizioni, ricette e documentazione sui ricoveri riferibili alle 15 identità.

La Sicilia nella morsa di un violento uragano

Palermo – Terminata l’esercitazione organizzata dalla Direzione regionale dei Vigili del fuoco della Sicilia per testare l’operatività delle squadre in caso di calamità della colonna mobile regionale dei comandi provinciali. Nello specifico si è ipotizzato una scenario legato ad un violento uragano che aveva colpito diversi territori della regione.

Diversi i moduli di colonna mobile attivati in base all’applicazione della circolare 1_2020: Moduli per il contrasto al rischio acquatico, sommozzatori, Moduli aerei, Posti di Comando Avanzati e Moduli Logistici impegnati per simulare il soccorso di una vittima bloccata nel proprio abitacolo all’interno di un corso d’acqua, la ricerca di una vittima lungo il fiume Delia a Mazara del Vallo (TP) con gommone da rafting e il recupero di una vittima nel fondale.

Poi ancora squadre USAR (Urban Search And Rescue) impegnate per la ricerca di persone tra le macerie hanno testato i soccorsi presso il campo macerie e presso il ”parcheggio simulato” già oggetto di esercitazioni internazionali, a Poggioreale (TP) e moduli NBCR (Nucleare Batteriologico Chimico Radiologico) impegnati da tutti i comandi della Sicilia presso due distinti siti: nei giorni 9 e 10 dicembre presso le stazione di rifornimento degli autobus alimentati ad idrogeno del CNR ITAE, con sede nel comune di Capo d’Orlando (ME), zona industriale Contrada Masseria, per la dispersione di idrogeno da una apparecchiatura della stazione di servizio; il giorno 11 dicembre presso la Società Agricola Assoro Biometano, nel comune di Assoro (EN) SS192 Km 22.835 è stata simulata la dispersione senza incendio di una cisterna che trasportava GNL.

Anche i Moduli RECS (Ricognizione Esperta e Caratterizzazione Strategica) e MS.TAS su tre distinti borghi della regione, dislocati rispettivamente nei comuni di Monreale (PA) Borgo Schirò e Aidone (EN), hanno effettuato una preliminare e rapida ricognizione mirata a valutare lo scenario di rischio e l’entità dell’evento, nonché la priorità degli interventi di messa in sicurezza.
Per ogni evento calamitoso che vede impegnati più moduli operativi della regione si rende necessario garantire il supporto logistico, si è proceduto all’attivazione del ML.MED con il montaggio delle attrezzature in dotazione (Tende alloggio, modulo cucina, modulo servizi, gruppo elettrogeno e impianti elettrici completi).

Per tutta la durata dell’esercitazione è stato inoltre previsto il potenziamento delle sale operative dei Comandi e della Direzione regionale (con la presenza di un funzionario e di un operatore) per la gestione degli eventi di ciascun comando e le relative movimentazioni sull’applicativo SUPREME.

Dimezzate in appello le pene ai vivandieri di Matteo Messina Denaro

Palermo – Pene dimezzate per i vivandieri di Matteo Messina Denaro, Lorena Lanceri ed Emanuele Bonafede. Cade l’accusa di concorso esterno riqualificato in favoreggiamento aggravato.

La condanna per Lorena Lanceri, scende da 13 anni e 4 mesi del primo grado a 5 anni e 8 mesi in appello. Sconto anche per il marito, Emanuele Bonafede: per quest’ultimo confermata la condanna per favoreggiamento ma la pena passa da 6 anni e 8 mesi a 4 anni e 4 mesi.

I coniugi Bonafede/Lanceri, per mesi hanno ospitato a pranzo e cena e nel periodo della quarantena del Covid nella loro casa di Campobello di Mazara, il boss allora latitante Matteo Messina Denaro. Oltre a preparare il cibo al capomafia ricercato, la coppia effettuava una stretta vigilanza sulla zona: i video della telecamere di sorveglianza di alcuni negozi hanno ripreso i due mentre, dopo essersi accertati che per strada non ci fossero poliziotti o carabinieri, davano il via libera al loro ospite per farlo uscire indisturbato dalla abitazione.

I coniugi furono arrestati qualche settimana dopo la cattura del boss. Nell’ultima udienza la donna aveva fatto delle dichiarazioni spontanee. “Mi faceva stare bene”. Durante le dichiarazioni spontanee in aula, la donna aveva sottolineato di avere voluto bene al boss. “Gli ho voluto bene anche perché io vedo sempre il bene nelle persone. Quando l’ho conosciuto io sapevo che si chiamava Francesco Salsi e così pure quando abbiamo cominciato ad avere una conoscenza intima. Poi, quando ho saputo chi era, nella mia mente comunque ho continuato a percepirlo come la persona che avevo incontrato”.

Nella sua requisitoria, il sostituto procuratore generale Carlo Marzella aveva invece chiesto la conferma delle condanne inflitte a Lorena Lanceri e al marito Emanuele Bonafede, sottolineando la gravità del comportamento della coppia.

Era la “figlioccia” e la “postina” di Matteo Messina Denaro

Palermo – Otto anni di reclusione. Questa la richiesta avanzata dalla Procura antimafia di Palermo per Martina Gentile, figlia della maestra di Campobello di Mazara Laura Bonafede, già condannata per associazione mafiosa, risultata essere braccio operativo nella latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Per la Gentile, figlia dell’ergastolano Salvatore Gentile, l’accusa è quella di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. Stamane dinanzi al gip del Tribunale di Palermo è stato il pm Gianluca De Leo a tenere la requisitoria durante la quale ha ripercorso le fasi salienti dell’indagine. Per la Procura di Palermo risulta provato il fatto che la figlia della storica compagna di Matteo Messina Denaro, abbia fatto parte della ristretta rete di fiancheggiatori del boss. Tanto da essere ritenuta la “figlioccia” del boss. Martina Gentile, destinataria a suo tempo di una richiesta di misura cautelare, sottoposta dal dicembre dell’anno scorso agli arresti domiciliari, si sarebbe divisa tra il lavoro in uno studio tecnico di Campobello di Mazara e quello di supplente in una scuola di Pantelleria e l’attività di “postina” per i pizzini del boss.

Corrispondenza che talvolta lei ha nascosto nel passeggino con sua figlia appena nata. Messina Denaro per lei aveva speso parole di apprezzamento per la ragazza, chiamata in codice Tan. Una giovane pronta a recepire i valori mafiosi: in un necrologio dedicato al nonno, il boss di Campobello di Mazara, Leonardo Bonafede, aveva pubblicamente scritto: “onorata di appartenerti”, per la Procura quelle parole sarebbero state indirettamente indirizzate proprio a Matteo Messina Denaro. Martina Gentile è stata quindi “uno degli ingranaggi indispensabili del sistema di comunicazione – hanno sostenuto nella richiesta accolta dal gip – ingegnato dal latitante, grazie al quale questi ha anche potuto mantenere la indispensabile sponda di Laura Bonafede nella condivisione e gestione delle strategie mafiose sul territorio di Campobello di Mazara”.

Si sarebbe interfacciata anche con Lorena Lanceri, la vivandiera di Messina Denaro, moglie di Emanuele Bonafede, altri personaggi cruciali nella latitanza del boss Messina Denaro, e per questo già condannati per mafia. E tutto questo già almeno due anni prima della cattura del pericoloso latitante di Cosa nostra trapanese. E per la “figlioccia” Martina Gentile, Matteo Messina Denaro non sarebbe stato avaro nei regali, per lei anche una collana Bulgari. La giovane donna non ha mai risposto alle domande dei pm, ha solo fatto una dichiarazione spontanea: “Da bambina gli ho voluto bene. Ma ora ho capito di aver sbagliato”. Ma intanto su richiesta della Procura dei minori, Martina Gentile ha perso momentaneamente la responsabilità genitoriale della figlioletta: per i giudici c’è il concreto rischio che la donna trasmetta la subcultura mafiosa alla piccola.

Camere di commercio, stabilizzati 80 lavoratori

Palermo – Fine del precariato per 80 lavoratori delle Camere di Commercio della Sicilia. Oggi, nella sede dell’assessorato regionale delle Attività produttive, la firma dei contratti di lavoro a tempo indeterminato davanti al presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e all’assessore Edy Tamajo. Presenti anche i rappresentanti delle Camere di commercio e i sindacati di categoria.

«Dopo oltre venti anni, grazie a una norma voluta dal mio governo – dice Schifani – si chiude la pagina del precariato per questi dipendenti. Diamo certezza occupazionale a una categoria di lavoratori che nel tempo, non soltanto ha acquisito elevate competenze professionali, ma ha garantito la piena operatività di enti che svolgono un ruolo strategico per le imprese siciliane. Continueremo nel nostro impegno per mettere fine a tutte le situazioni di precariato che interessano la pubblica amministrazione regionale al fine di assicurare a questi lavoratori un futuro più sereno».

La stabilizzazione di questi lavoratori è stata resa possibile grazie alla norma contenuta della manovra quater del governo Schifani, approvata lo scorso novembre all’Ars, che stanzia più di 1,3 milioni di euro per gli esercizi finanziari dal 2024 al 2027, oltre alle risorse necessarie fino al 2039 per i dipendenti via via interessati dalla misura.

«Con questa firma – aggiunge Tamajo – poniamo fine a un lungo periodo di incertezza per i lavoratori delle Camere di commercio siciliane. Si tratta di un risultato che tutela i lavoratori e rafforza l’intero sistema camerale regionale, un settore cruciale per lo sviluppo economico della Sicilia. Questo è un impegno che avevamo preso e che oggi portiamo a compimento, dimostrando come, con serietà e concretezza, si possano dare risposte reali ai bisogni dei lavoratori e del territorio. La stabilizzazione è solo un punto di partenza: continueremo a lavorare per modernizzare e rendere più efficiente il sistema produttivo regionale».

I contratti a tempo indeterminato interessano 41 lavoratori della provincia di Caltanissetta, 9 della provincia di Trapani, 23 di Agrigento e 7 del territorio di Palermo ed Enna. I primi contratti di lavoro precario stipulati risalgono al 2002, gli ultimi al 2007.